Non sarà facile crederlo, ma quello che vedete nell’immagine (l’uomo a destra) non è un pugile, ma un regista cinematografico. Si chiama Uwe Boll.
La qualità dei film ispirati ai videogiochi è purtroppo un annoso problema e il Dr. Boll è la perfetta incarnazione della questione. Probabilmente perché è un regista da strapazzo.
La 29esima edizione dei Golden Raspberry Awards (corrispondenti agli oscar dei peggior film) ha premiato la sua implacabile volontà nell’infangare il nome di celebri videogiochi, realizzando film sotto la soglia della umana decenza, conferendogli il “prestigioso” Premio alla Carriera (non assegnato dal 1987) e quello di Peggior regista del 2008. E per un pelo una sua pellicola, In the Name of the King, non è stata nominata Peggior film.
A questo punto non possiamo non proporvi alcuni dei momenti più deliziosi che hanno scandito la particolare carriera del regista tedesco:
1) Nel 2006 apostrofò con il termine “ritardati” due critici americani che recensirono molto negativamente il dimenticabile Alone in The Dark (ovviamente un film di Boll).
2) Nell’aprile del 2008 il giornale The Guardian pubblicò un articolo nel quale dichiarava che il regista avrebbe finalmente rinunciato ad umiliare ulteriormente il cinema, a patto che una petizione su PetitionOnline -che chiedeva al Dr. Boll di cessare la sua attività- avesse raggiunto 1 milione di firme (al momento è a quota 350.000 e se volete partecipare questo è l’indirizzo).
3) E’ ormai entrata nella leggenda la lunghissima lite tra il regista e Michael Bay; la diatriba ebbe il suo splendido culmine quando Boll sfidò Bay ad un match di box (il nostro amico tedesco, come avrete intuito dall’immagine, è un appassionato di questo sport…).
L’ironico spunto offerto dai Razzie Awards può trasformarsi in una seria occasione per condurre una breve disamina su come la cinematografia dei nostri tempi concepisca i film tratti dai videogiochi.
Partiamo da un punto fermo: purtroppo i tie-in, qualunque essi siano, di solito non godono di qualità eccelsa.
Eppure molti film ispirati ad opere letterarie sono autentici capolavori: come mai non succede lo stesso con le pellicole tratte dai videogiochi? Perché purtroppo i videogame sono ancora visti come qualcosa di poco serio, quindi non meritevoli di una attenzione tale da assicurare film curati.
A questo proposito è significativa una dichiarazione di Boll (tra le tante assurdità che ha detto, almeno una ne ha azzeccata): il regista ha spesso lamentato un palese disinteresse delle società detentrici dei diritti di un videogioco nell’assicurare supporto allo sviluppo della pellicola. In parole povere, una volta venduta la licenza del gioco, chi s’è visto s’è visto. Se è vero, è piuttosto grave: come si può pretendere un prodotto di qualità, se perfino chi ha contribuito in modo determinante alla creazione di un videogioco si disinteressa del tie-in?
C’è anche un altro aspetto che contribuisce all’affossamento dei film tratti dai videogame: l’attuale crisi (di idee) di Hollywood. Che si traduce nel guardare più alla quantità, che alla qualità; meglio creare decine di brutti film, piuttosto che realizzarne uno valido. Così, almeno, gli incassi non mancheranno.
E’ ovviamente una visione miope, perché alla lunga gli spettatori si stancheranno di vedere pellicole girate alla buona e che disonorano i bei videogiochi da cui sono tratti.
La speranza è che accada presto, così che personaggi come Uwe Boll diventino solo un grottesco ricordo.
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