Bob Thornton incolpa i videogiochi della mediocrità dei nuovi film

Che negli ultimi tempi si assista ad attenzioni eccessive a seguiti, prequel, remake (anche di film usciti tre anni fa), è lapalissiano: il pattume che ne deriva anche.
Pecunia non olet, e in tempi in cui sembra che l’immaginazione umana sia scomparsa (in effetti lo è la volontà delle major cinematografiche di farvi affidamento), si fa di tutto pur di rastrellare qualche comodo dollaro.

Rintracciare le responsabilità dell’empasse che vive attualmente il mondo del cinema dovrebbe risultare facile: l’ingordigia di Hollywood.
Ma l’attore Billy Bob Thornton la pensa decisamente in altro modo. Per lui la causa principale della deludente qualità delle ultime pellicole sono i videogiochi. Della “video game-playing generation”, come l’ha definita nell’intervista rilasciata al The Daily Telegraph.

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Tim Schafer: scarsi ricavi allontanano i developer dal PC

Giusto lunedì parlavamo della difficile realtà che affrontano alcuni editori attivi nel settore PC dell’intrattenimento elettronico.

Per una piacevole coincidenza, il geniale Tim Schafer ha chiarito perché, negli ultimi tempi, si assiste sempre più ad un certo distacco delle software dal mercato dei computer.

Come era facile immaginare, c’entrano in primis i soldi: ma non sono gli sviluppatori a manifestare tale disagio, bensì i produttori.

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Perché Sony non ha replicato il successo della PS2? Risponde Phil Harrison

Stupisce ancora il successo universale ottenuto dalla PlayStation 2, apparsa nell’Unione Europea il 24 novembre del 2000: dieci anni fa esatti. Nulla poté la compianta Dreamcast (e più tardi GameCube e Xbox): ad oggi si contano 147,6 milioni di unità vendute. Un numero enorme, soprattutto se rapportato alla realtà videoludica degli anni Zero, non affermata quanto quella attuale.

Dopo una tale standing ovation tutti si aspettavano scintille dall’avvento della potente PlayStation 3. Ma questa volta, nella settima generazione, è stata Nintendo a escogitare un geniale mix tra innovazione e trovata commerciale: sebbene costituito da un hardware poco performante, il Wii ha incarnato l’intimo desiderio di ogni giocatore di “vivere” letteralmente il videogame. E il mercato l’ha premiato, anche per via del suo basso costo.
Mentre la PlayStation 3, una volta arrivata, era già troppo in ritardo. E a causa dell’elaborato hardware, il suo prezzo (vero biglietto da visita di una console) era esorbitante sia in termini assoluti, sia in termini relativi: il confronto con Wii fu disastroso.

Una lunga e approfondita disamina, condotta da Eurogamer, tenta di individuare le cause delle “défaillance” della PS3. Tra gli altri è stato intervistato Phil Harrison, ex capo di Sony Worldwide Studio, figura chiave nel lancio dell’ultima macchina.

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Olografia e videogiochi: Sony inizia a pensarci su

Difficile, al momento, immaginare qualcosa di più simile alla realtà virtuale dell’olografia.
E’ ovviamente ancora presto per parlarne seriamente (i televisori 3D già fanno fatica ad imporsi), ma è innegabile che tale tecnologia eserciti un fascino particolare nel campo dell’intrattenimento elettronico: la proiezione totale del giocatore all’interno del medium stesso è probabilmente il futuro del settore. E d’altra parte è fondato su questo principio il debutto di macchine come Kinect, Wii e PlayStation Move.

Sony è all’avanguardia per quanto riguarda la commercializzazione dei primi videogame in 3D. Così Mick Hocking, studio director di SCEE, in un’intervista rilasciata a Develop espone le potenzialità, al momento solo sfiorate, dei più recenti prodigi dell’elettronica.

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Focus Home Interactive: “Mercato dei PC impossibile per i piccoli editori”

Sono tante le ragioni che hanno portato il mercato dei videogiochi per PC a diradarsi costantemente.
Si potrebbe iniziare parlando della pirateria, per poi maledire gli sgradevoli esborsi cui sono costretti gli utenti PC quando aggiornano le loro macchine.
Il risultato è che un numero sempre crescente di videogame viene dirottato su console (il caso di Alan Wake è emblematico), chiudono alcune software house che hanno sviluppato titoli per PC (perché in pochi li hanno rimediati legalmente): il mercato del settore si indebolisce inesorabilmente.

Cédric Lagarrigue, CEO di Focus Home Interactive (editore francese indipendente), è ritornato sul tema, aggiungendo considerazioni non meno preoccupanti: a suo avviso è assurdo aspettarsi che una piccola casa di produzione possa vendere i suoi prodotti direttamente nei negozi, prescindendo così dal digital delivery.

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Videogame a metà: la soluzione di Codemasters per il mercato dell’usato

Forse su PC il nemico numero uno del commercio dei videogiochi resta sempre la pirateria, ma evidentemente sul versante console la situazione è ben diversa. A quanto pare la vera nemesi dei producer, in questo settore, è il mercato dell’usato.
Non si spiega altrimenti l’accanimento -esibito soprattutto negli ultimi anni- contro il fenomeno della rivendita dei videogame. Per intenderci: la principale occupazione di catene come GameStop e EB Games.

A suggerire una soluzione per il problema ci pensa Rod Cousens, CEO di Codemasters: vendere all’utente una parte del gioco, per poi permettergli -previo pagamento- di scaricare il resto da internet.

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Tim Schafer è pronto per Psychonauts 2: lo sarà anche il pubblico?

Quello di Psychonauts (2005) è uno dei casi più emblematici delle tristi conseguenze causate da una visione scellerata dell’intrattenimento elettronico. Tipica, a onor del vero, dei nostri tempi.
Spassosissimo e intelligente platform game, il titolo, creato dal poliedrico Tim Schafer – il genietto dietro sciocchezzuole come Full Throttle, Grim Fandango e Brütal Legend, non incontrò il meritato successo di pubblico, pur avendo debuttato su PC, Xbox e PlayStation 2.

Il perché apparve chiaro già allora: il videogame era fondato su antichi e sani canoni, ovviamente lontani dai gusti pacchiani che molte software house moderne -spinte probabilmente dai producer- propinano al popolo dei videogiocatori.
Ciononostante il buon Schafer, per nostra fortuna, ancora non demorde: si è detto addirittura disponibile a sviluppare il seguito per PlayStation Network

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Cuba contro Black Ops per l’inscenamento dell’attentato a Castro

Call of Duty: Black Ops, settimo capitolo -sviluppato da Treyarch- dell’apprezzata saga shooter, è uscito in contemporanea mondiale (escluso il Giappone) due giorni fa.
Critica e pubblico l’hanno già incensato, ma c’è chi ha esibito qualche “rimostranza”.

Tra le missioni che compongono il single player, ce n’è una ambientata a L’Avana: il giocatore ha il compito di assassinare un giovane Fidel Castro. Ma è bene precisare -ai fini della notizia- che il tentativo fallisce.
Eppure tanto è bastato per suscitare le ire del Líder máximo, che ha dichiarato: “Quello che gli Stati Uniti non sono riusciti a portare a termine in più di 50 anni, ora provano a farlo virtualmente”.

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Ed Fries: vincoli hardware incrementano l’artisticità dei videogiochi

Non è un risultato scontato far percepire i videogame come una nascente forma d’arte, eppure c’è già chi esibisce qualche idea per percorrere il cammino con rinnovato vigore.
Nella giornata d’apertura del MIGS (Montreal International Game Summit), Ed Fries, imprenditore, ex dirigente di Microsoft e sviluppatore per hobby dell’Amiga 2600, ha manifestato il proprio pensiero al riguardo.

L’assunto principale è che se i developer fossero obbligati a rispettare dei vincoli, la profondità artistica del prodotto ne gioverebbe notevolmente.
Tesi contraddittoria? Scopriamolo…

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